Carioca di nascita ma di fatto cresciuto a Brasília, Alfredo Paixão, proviene da una famiglia di musicisti e inizia a suonare a sette anni. «Il primo strumento fu però il flauto traverso – precisa -, anche se capii ben presto che non faceva per me, passando nel giro di poco tempo allo studio e all’emozione della chitarra, ben 39 anni fa».
Nel 1974, a soli 12 anni, si diploma in chitarra classica presso la scuola di musica di Brasília, inserendosi subito nell’ambiente della musica popolare brasiliana e accompagnando per molti anni il padre, noto sassofonista. All’epoca i suoi punti di riferimento si chiamavano: Elis Regina, Cesar Camargo Mariano, Francis Hime, Dori Caymmi, Ivan Lins.

La musica nelle parole di Alfredo è a metà tra un fattore di sangue («sono nipote di Moacir Santos, uno dei più grandi maestri della musica popolare brasiliana, ed è con lui che ho imparato a leggere le note») e un fattore generazionale («la mia generazione ha sfornato i musicisti che oggi sono i più richiesti in assoluto nel panorama brasiliano, tutti miei carissimi amici d’infanzia, gente come: Lula Galvão, Marcos Brito, Jorge Helder, Nema Antunes, João Bani, André Vasconcelos, Cassia Eller, Renato Russo, Marcio Faraco, Rosa Passos con cui ho suonato per una vita».

E’ negli Stati Uniti che Paixão approfondisce la sua formazione musicale e professionale («non ho mai contemplato opzioni lavorative diverse dalla musica») frequentando lezioni private da Bunny Brunnel e Mick Goodrick. Sempre negli Usa partecipa a diverse manifestazioni musicali al fianco di artisti come Justo Almario, Alex Acuna (Caldera), Joe Heredia, Eddie del Barrio.

Dopo una parentesi in Francia, dove per oltre un anno suona nei più noti locali parigini come il Sunset ed il New Morning, alla fine del 1988 arriva in Italia, «l’ho fatto per la donna che sarebbe diventata mia moglie») suonando e collaborando al fianco di artisti del calibro di Tullio De Piscopo, Pino Daniele, Teresa de Sio, Giorgia, Paola Turci, Nino Bonocore, Laura Pausini, Fiorello, Fred Bongusto. Una carrellata di nomi e di ricordi, ci racconta Alfredo Paixao: «Ho avuto modo di lavorare con i migliori artisti italiani, gente che mi ha insegnato cose indescrivibili come la profondità e l’emozione».

A riempirlo ancora di emozione è l’Italia, paese nel quale si è trasferito da oltre venti anni risiedendo a Roma: «Oserei dire che vivo l’Italia anche meglio degli italiani, sarà la mia natura impressionista, il mio godere dei dettagli, ma qui da voi riesco anche a sentire meno la mancanza del mio Brasile, che ritrovo in alcune sfumature spaziotemporali, nello stupore e nella meraviglia che sanno donarti, ad esempio, alcuni tramonti dei paesini dell’entroterra».

Rispetto all’Italia però, secondo Alfredo il Brasile è più romantico:«Non ha la paura, quasi un tabù, nell’affrontare situazioni tristi e viverle profondamente, che poi è quel senso struggente e anche un po’ masochista che noi chiamiamo saudade, ma credo che questa vena l’abbiamo presa dai francesi». Quello che lo conforta vivendo lontano dalla sua terra è sapere che il Brasile si è modificato nella forma, ma non nel contenuto: «Sento giovani che fanno ancora una bossa nova meravigliosa e altri che fanno metal, poi ci siamo noi – i vecchi – che facciamo samba, bossa, e bolero. E credo di poter dire che siamo felici così».

Alfredo Paixão, riscuote consensi e successo anche all’estero, dove affianca jazzisti come Mick Goodrick, Bruce Forman, Jimmy Owens, Barney Willen, Billy Cobham. E giganti del pop internazionale come Lionel Ritchie, Liza Minnelli, Dionne Warwick, Boy George, il compianto Henry Salvador, Cheb Khaled. Nel 2001 poi suona in sei produzioni firmate da Emanuele Ruffinengo e premiate con il Latin Grammy Awards a Los Angeles tra cui “El alma al aire” di Alejandro Sanz. Ma c’è stato il tempo per pubblicare tre dischi: “World Rhythm” (1994), “Ogum (1995) e “Outra Vez” (2000).

(da musibrasil.net)

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